Fibromialgia e longCovid, al Rizzoli scoprono…

Fibromialgia e longCovid, al Rizzoli scoprono…

La ricerca è diretta dal Prof Riccardo Meliconi

La struttura di Reumatologia dell’Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna individua la correlazione tra Fibromialgia e Post-Covid e ne coordina lo studio: nuove rilevanti scoperte anche per la patologia primaria

Sanitadomani.com – BOLOGNA. Ormai, la pandemia da Covid-19 è a tal punto argomento dominante in giornali, programmi, social e addirittura nelle conversazioni con parenti e amici, che il dibattito si è fatto stagnante, ricco di sterili opinioni e spesso assurde polarizzazioni.
Fortunatamente la comunità medico-scientifica non si lascia condizionare dal chiacchiericchio e continua a studiare l’infezione da Covid-19 con cura, metodo e dedizione, arrivando a risultati sorprendenti  non solo riguardo la pandemia stessa, ma anche in merito ad altre patologie ad essa correlate.

STUDI E RICERCHE
CON ESITI POSITIVI

Diversi settori, infatti, hanno deciso di investire una consistente parte della propria ricerca sugli effetti del Covid-19 in relazione ad altri disturbi, come nel caso della struttura di Reumatologia dell’Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna che, sotto la direzione di Riccardo Meliconi, ha coordinato un’indagine attorno alla possibile correlazione tra sindrome post-Covid (detta anche long-Covid) e Fibromialgia (infiammazione muscolo-scheletrica).

A LIVELLO INTERNAZIONALE
SPAZIO AI PROF DEL RIZZOLI

Lo studio è stato pubblicato sulla rivista europea RMD – Open Rheumatic and Miscoloskeletal Disease, il cui principale autore è Francesco Ursini, professore associato in reumatologia in servizio presso l’Istituto Rizzoli.
A lui abbiamo posto alcune domande in merito allo studio in questione e alle direzioni intraprese, cercando anche di capire come l’indagine sulla correlazione tra Covid e Fibromialgia contribuisca ad arricchire la ricerca sulla Fibromialgia primaria.

 

FIBROMIALGIA E FIBROCOVID,
MA QUAL E’ LA DIFFERENZA?

 «La Fibromialgia» spiega Ursini «è una condizione clinica molto frequente nella popolazione, caratterizzata da dolori muscolo-scheletrici generalizzati, unitamente a una miriade di altri sintomi come stanchezza, scarsa tolleranza all’esercizio fisico, disturbi del sonno, problemi gastroenterici e cardio-circolatori».
Non esiste un esame diagnostico specifico, ma solo una valutazione clinica del medico curante.
Quando si è riscontrato un incremento di pazienti che lamentavano sintomi compatibili con la Fibromialgia a seguito della malattia sintomatica da Covid-19, è stata proprio l’osservazione su base clinica a dare il via allo studio.
«Dopo tali valutazioni e il confronto con altri colleghi italiani – prosegue Ursini – abbiamo  strutturato un’indagine approfondita su oltre 600 persone affette da long-Covid.
Attraverso tutta una serie di criteri metodologici, siamo giunti a conclusioni piuttosto ferme: circa il 30% delle persone che hanno contratto il Covid-19 in modo severo, sviluppano una sintomatologia a lungo termine che soddisfa i criteri che oggi utilizziamo per definire la Fibromialgia. Da qui, dunque, il termine FibroCOVID».

TRA LE DUE PATOLOGIE
STESSI SINTOMI, PERÓ…

 Sebbene i sintomi da FibroCOVID siano sovrapponibili a quelli della Fibromialgia primaria, esiste una differenza sostanziale di tipo demografico:
«abbiamo osservato – spiega Ursini – che mentre la Fibromialgia colpisce prevalentemente il sesso femminile, nel caso di post-Covid si riscontra un’uguaglianza di casi tra uomini e donne».
Inoltre, come la Fibromialgia primaria, anche la FibroCOVID si manifesta soprattutto in soggetti sovrappeso o obesi.
La spiegazione a tali constatazioni, spiega Ursini, emerge dall’analisi dei dati: «dal momento che queste due condizioni (sesso maschile e obesità) determinano un maggiore rischio di sviluppare il Covid in modo severo, risulta maggiore anche la probabilità di sviluppare condizioni fibromialgiche in caso di long-Covid».

Ancora in fase di verifica – sebbene i dati siano ottimistici – è invece l’ipotesi per cui la FibroCOVID sia una sindrome autolimitante, ovvero, come molte malattie reumatiche causate da un’infezione, abbia un decorso a esaurimento, a differenza della Fibromialgia primaria che invece è una condizione cronica.

SI OSSERVANO SVILUPPO
E FATTORE SCATENANTE

 Il fattore scatenante la sindrome fibromialgica da post-Covid potrebbero rispecchiare le stesse cause del long-Covid, sebbene ancora solo ipotetiche.
«Osservazioni scientifiche – spiega Ursini –  teorizzano che risolta la fase acuta della malattia da Covid-19, rimarrebbe un’alterazione del sistema immunitario, cioè un’infiammazione lieve ma persistente, che si riflette su manifestazioni cliniche come stanchezza e dolori muscolo-scheletrici».
A questo, si aggiunga il  decondizionamento fisico, cioè l’arresto prolungato dell’attività motoria, già principale causa di Fibromialgia primaria.
Come illustra Ursini, infatti, «un corpo che si rimette in pista dopo molto tempo, percepisce dolore, rigidità e stanchezza perché è come se l’abitudine al movimento sia andata persa».

TERAPIE MIRATE
CASO PER CASO

Per questo motivo, come per la Fibromialgia primaria, anche la FibroCOVID viene trattata innanzitutto con la riabilitazione all’esercizio fisico e in seconda battuta attraverso una terapia farmacologica tarata in base alle manifestazioni dominanti in ciascun paziente.
Tuttavia, sottolinea il professore, l’approccio riabilitativo motorio è quello che più potrebbe fare la differenza, garantendo concreti risultati.
«Per questo, e trattandosi di un gran numero di pazienti, insieme alla Prof.ssa Maria Grazia Benedetti (direttrice della struttura di Medicina Fisica e Riabilitativa del Rizzoli), stiamo lavorando alla realizzazione di un programma di telemedicina, una sorta di video-assistenza in cui proporre esercizi fisio-terapeutici per pazienti affetti da FibroCOVID.
Ora si tratta solo di reperire i fondi per la realizzazione, ma questa è la nostra direzione principale».

IL PERCORSO DEL VIRUS
PORTA A PENSARE CHE…

 Come per altri ambiti della ricerca medica, anche in questo caso lo studio sul Covid-19 sta dando validi contributi allo studio della sindrome fibromialgica primaria, in particolare in merito alla sua patogenesi.
«Se un’infezione virale – spiega Ursini – può provocare Fibromialgia, è chiaro che possiamo ipotizzare che anche la Fibromialgia primaria possa avere un trigger virale.
Nel corso della vita entriamo spesso in contatto con agenti patogeni, alcuni dei quali sono stati, in maniera altalenante, associati allo sviluppo di malattie reumatologiche, penso ad esempio al virus della mononucleosi».

Ormai riconosciuti come principali cause scatenanti Fibromialgia sono, invece, il decondizionamento fisico e l’obesità, fattori su cui è già possibile intervenire con le  relative terapie.

CURA SPERIMENTALE:
LA DIETA KETOGENICA

«Il nostro gruppo – rivela Ursini – in questo periodo sta svolgendo uno studio, forse un po’ “eretico”, per verificare l’efficacia di una dieta ketogenica a bassissimo contenuto calorico, sulla sintomatologia fibromialgica. Dal momento che per problematiche all’apparato muscolo-scheletrico è necessario un consistente dimagrimento e il processo può essere lungo e frustrante, abbiamo ipotizzato un’accelerazione alla perdita di peso proprio attraverso la dieta ketogenica, che in circa un mese consente di perdere tra i 15 e i 18 kg.
Vedremo tra un po’ se ci saranno i risultati sperati».
In ogni caso, che si tratti di FibroCOVID o di Fibromialgia primaria, resta urgente trovare il giusto «approccio scientifico da un punto di vista terapeutico – conclude Ursini – «perché siamo stati molto bravi da un punto di vista diagnostico-epidemologico, ma per essere davvero all’altezza dobbiamo riuscire ad aiutare le persone».

Sembra però che la strada sia ben tracciata: non resta che proseguire.

Per maggiori specifiche informazioni:
Istituto Ortopedico Rizzoli

 

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