Sclerodermia: dal San Raffaele nuove scoperte sui meccanismi che la regolano

Sclerodermia: dal San Raffaele nuove scoperte sui meccanismi che la regolano

Sanitadomani.com – MILANO. La ricerca scientifica è per molte persone un sinonimo di speranza. Soprattutto per chi convive con una malattia rara, delle quali si sa così poco che troppo spesso mancano terapie efficaci. Così accade con la sclerodermia, detta anche sclerosi sistemica. E’ una malattia autoimmune degenerativa, caratterizzata dal danno infiammatorio dei piccoli vasi sanguigni – vene, arterie e capillari – e dal progressivo ispessimento della pelle e dei tessuti connettivi interni.

L’origine e lo sviluppo di questa patologia non sono ancora chiari. Ma importanti passi avanti in questo ambito sono stati fatti da uno studio dei ricercatori dell’Ospedale San Raffaele, guidato dalla fisiologa Norma Maugeri. Il gruppo ha già ottenuti risultati importanti: ha individuato la molecola responsabile dell’avvio di alcuni meccanismi base della malattia, chiamata HMGB1. I risultati sono stati pubblicati un anno e mezzo fa sulla rivista Science Translation Medicine.

LE NOVITA’

Oggi si è quasi pronti a nuove pubblicazioni. “Abbiamo degli atri importanti aggiornamenti – spiega la dottoressa – Stiamo individuando i meccanismi che possono spiegare l’eccesso di micro particelle presenti nei pazienti con sclerodermia. E’ la caratteristica scientifica più interessante di questa malattia. Anche le piastrine svolgono un ruolo molto importante. Stiamo cercando di capirne di più per riuscire almeno ad affrontare la parte cronica della patologia. Siamo forse ancora lontano da comprenderne l’origine – continua – ma sarebbe importante comprendere almeno i meccanismi della cronicità dell’infiammazione”.

LA MALATTIA

La sclerodermia è altamente invalidante. In base alla zona in cui si presenta, può dare vita a difficoltà molto serie per il paziente. Il primo sintomo spesso è il  fenomeno di Raynaud, consistente nel cambiamento di colore delle mani, a causa della difficoltà di circolazione perché i capillari sono molto rovinati. Dopo l’esposizione al freddo, le mani diventano bianche cadaveriche e si prova molto dolore alle dita. Col tempo la situazione può peggiorare, fino al formarsi di ulcere alle dita.

I casi più gravi sono quelli in cui la malattia si sviluppa a livello polmonare. “Sembra che la malattia non si diffonda per il corpo, ma resti nella zona in cui si sviluppa – dice la ricercatrice – Ci sono però delle caratteristiche comuni, come le alterazioni al viso e l’assottigliamento totale delle labbra. Col tempo l’indurimento della cute causa vari problemi, e spesso insorge  la difficoltà di deglutiazione. Le conseguenze peggiori però restano la fibrosi e l’ipertensione polmonare.”.

La malattia insorge in età adulta; in alcuni casi anche verso i 35 anni. Questo accade soprattutto nelle donne, che sono le più colpite. Si stima che ci siano 5 donne per ogni uomo colpito. In Italia, ogni anno ci sono tra i 4 e i 20 nuovi casi per ogni milione di abitante. “Sarebbe importante avere farmaci più efficaci per bloccare l’evoluzione della malattia – auspica – Speriamo che comprendere meglio i motivi per cui l’infiammazione non si ferma in questi pazienti possa aiutarci e aiutare i pazienti”.

IL FUTURO

La dottoressa ha iniziato a occuparsi della sclerodermia fin dal 2009. “Il Professor Angelo Manfredi, reumatologo e immunologo con cui collaboro da 15 anni – racconta la dottoressa – mi ha proposto questo studio nel 2009. Da allora abbiamo già pubblicato tre lavori. La sclerodermia presenta una situazione clinica con profilo ematologico molto diverso da altre malattie immunologiche”. I ricercatori proseguono il loro lavoro, anche tra le difficoltà. “Non possiamo dimenticare che servono grandi finanziamenti – conclude Norma Maugeri – e anche tempi burocratici. Per avere l’autorizzazione dal Ministero sul modello animale serve anche un anno e mezzo. Noi però ce la mettiamo tutta; io mi sento personalmente coinvolta in questo compito. Sono 36 anni che faccio ricerca, 9 anni sono stati necessari per avere i dati necessari per la nostra ultima pubblicazione. Ipotizzo che non passeranno altri 9 anni per provare alcuni dei trattamenti che abbiamo in mente”.

 

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