Sintomi dell’Alzheimer: anche la perdita di motivazione
Sanitadomani.com – ROMA: Perdita di motivazione e diminuzione di interessi possono essere sintomi dell’Alzheimer. L’ipotesi scientifica arriva dopo una studio sui processi iniziali della malattia: . Un gruppo i ricercatori italiani ha messo a punto un sistema di intelligenza artificiale, che ha simulato le funzioni del cervello umano. Così ha potuto fare luce sui meccanismi alla base dello sviluppo iniziale di questa forma di demenza.
Lo studio è stato condotto dall’Istituto di scienze e tecnologie della cognizione, dall’Università Campus Bio-Medico di Roma e dall’Istituto Neurologico Mediterraneo Neuromed io risultati sono visibili sul Journal of Alzheimer’s Disease.
LA DEGENERAZIONE DELL’AREA DEL CERVELLO
Ricerche precedenti avevano individuato uno dei primissimi eventi nel cervello. Così gli scienziati hanno scoperto il malfunzionamento di una piccola area situata in profondità, l’area tegmentale ventrale (VTA), che sembra sia determinante.
“La VTA è composta prevalentemente da neuroni che producono dopamina, un neurotrasmettitore molto importante per la regolazione dell’umore e della motivazione. Basandoci sui risultati ottenuti in questi studi, abbiamo simulato al computer i processi patologici che si innescano nelle primissime fasi della malattia”, spiegano Daniele Caligiore e Massimo Silvetti dell’Istc.
La degenerazione iniziale della VTA altera a cascata la funzione di altri circuiti neuromodulatori, causando inizialmente sintomi simili alla depressione. Questa è una condizione tipica delle prime fasi della malattia, contemporanea i primi sintomi dell’Alzheimer. In seguito, il malfunzionamento favorisce l’accumulo di proteine neurotossiche che distruggono i neuroni in aree del cervello funzionali alla memoria e ad altre funzioni cognitive.
“L’attività dei neuroni della VTA è legata alla gestione delle emozioni e dello stato motivazionale – dice Gianluca Baldassarre, coordinatore del team del Cnr-Istc – La nostra scoperta evidenzia l’importante ruolo dello stato psicologico del paziente, suggerendo come la riduzione della motivazione e la graduale perdita di interessi, fenomeni spesso sottostimati, possano accelerare l’avanzamento della malattia”.
Questa scoperta apre una nuova strada alla diagnosi precoce. Inoltre può aiutare allo sviluppo di terapie da attuare nella fase iniziale della malattia. L’obiettivo è riuscire a rallentare la degenerazione delle aree del cervello coinvolte nella produzione della dopamina.